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07. Le società cooperative odierne


 
donne_191. Le società cooperative hanno scopo prevalentemente mutualistico. ( Relazione ministeriale al codice civile n. 1025)

Art. 2518, n.9 La s.c. deve indicare la percentuale massima degli utili ripartibili ... non ci può essere s.c. dove i soci sono mossi da un intento di illimitato profitto.

Art. 45 della Costituzione: La Repubblica riconosce la funzione sociale della s.c. a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata.

2. (Relazione al codice civile n. 1025) Alla gestione capitalistica dell’impresa, preordinata alla ricerca del profitto, è sostituita l’autogestione dell’impresa da parte degli utenti o dei lavoratori: il gruppo organizzato mira a fornire beni o servizi ad occasioni di lavoro direttamente ai membri della organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato.

operai_5La s.c. si presenta come l’espressione organizzata di classi economicamente subalterne, mosse dall’intento di sottrarsi all’egemonia delle classi economicamente dominanti. Gli obiettivi anti-capitalisti del movimento cooperativo sono chiaramente visibili nelle cooperative di lavoro.

Queste mirano a sottrarre i lavoratori soci alla suprema “legge” dell’economia capitalistica: al principio, cioè secondo il quale una quota del valore dei beni prodotti, cosiddetto plusvalore, è destinato a rimuovere il capitale impiegato per produrli ed è, quindi, sottratto ai lavoratori e attribuito al proprietario del capitale. La c. di lavoro attua la gestione operaia del capitale: sono gli stessi lavoratori che formano e, quindi, gestiscono il capitale; essi impediscono in questo modo, che altri si appropri di una quota del valore dei beni da essi prodotti.

vecchi_7_artigianoI collegamenti che esistono fra le diverse c. (c. di lavoro, c. di consumo, c. edilizia, c. di credito, c. mutua assicuratrice ecc.) la loro organizzazione collettiva in consorzi e in associazioni nazionali, rendono possibile il perseguimento di un più vasto disegno: quello di agire, a livello locale o a livello nazionale, come vero e proprio strumento di politica economica, e di una politica economica alternativa rispetto a quella perseguita dalla classe imprenditoriale capitalistica. Il movimento c. organizzato si propone di individuare, e di soddisfare con l’articolato intervento delle singole cooperative, quei bisogni popolari che la classe imprenditoriale capitalistica, mossa esclusivamente dalla ricerca del profitto, elude e soffoca.

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Commenti agli articoli della Relazione Ministeriale

operai_42Art. 2518 Va sostituito, le cooperative non devono avere nessuna restrizione per quanto riguarda il loro profitto. Non dimentichiamoci che nel C.U. tutte le aziende verranno trasformate in cooperative.

Relazione al c.c. n. 1025. Questa relazione parla giustamente di obiettivi anti-capitalistici del movimento cooperativo. Parla della mira dei lavoratori soci a sottrarre il plusvalore ai capitalisti. Nel C.U. non sarà più necessario ciò in quanto tutti i lavoratori diventeranno automaticamente soci della cooperativa in cui sono impiegati e saranno loro i soli capitalisti.

Qualcuno potrà obiettare che come oggi alcune cooperative assumono degli operai “in nero”, senza cioè assumerli regolarmente, così potranno farlo anche dopo la formazione delle C.U. Ciò non sarà possibile, perché tutti i cittadini saranno sempre occupati ( dalla fine del periodo scolastico all’inizio del periodo pensionistico) e chi per proprio desiderio sarà disoccupato, dovrà dimostrare la provenienza dei suoi guadagni. Ovviamente nessun sistema è perfetto e quindi anche nel C.U. ci potranno essere delle smagliature, ma saranno ininfluenti per il successo del sistema.

artigiana_di_angkorMa che cos’è una cooperativa?

La cooperativa è un’associazione di persone fondata sulla contribuzione e cooperazione dei soci per procurare loro giovamento nei vari bisogni della vita. Possono essere divise in c. di produzione, di consumo, di credito, ecc. La prima cooperativa (di produzione) fu fondata in Francia nel 1832; nel 1844, in Inghilterra, un gruppo di tessitori di flanella e altri lavoratori crearono la cooperativa (di consumo) “Probi pionieri di Rochdale”, i cui principi regolano ancora oggi le cooperative moderne; in Svizzera la prima cooperativa fu fondata nel 1846 e in Italia la prima fu una c. edilizia costituita nel 1849 nel Granducato di Toscana. Nel 1889 C. Gide stabiliva il programma della cooperazione di tutti i paesi del mondo: 1° conquista dell’industria commerciale, 2° dell’industria manifatturiera e 3° dell’industria agricola.

La cooperazione deriva da un’idea utopistica socialista dei secoli diciottesimo e diciannovesimo. Dalle idee e dalle azioni di Owen, Saint Simon e Fourier nacquero le prime cooperative che però fallirono.

cinesi_7Nel senso più ampio del termine, la cooperazione (= operazione in comune, cioè azione in comune o lavoro in comune) corrisponde a tutte le forme di vita in comune che comportino delle azioni collettive tese a uno scopo di interesse collettivo.

Le azioni di una comunità di villaggio, di una famiglia “allargata”, di una tribù, sono tutte forme di cooperazione, quindi la cooperazione esisteva già, anzi era l’unico modo di vita adottato nelle prime epoche dell’umanità.

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La cooperazione è il trionfo della solidarietà e il rifiuto della competitività.
Penso che fra le cooperative si possono includere anche quelle organizzazioni chiamate “comuni” quali i Kibbutz israeliani, i Kolkhoz sovietici, gli Ejidos messicani e le comunità di lavoro sorte in varie parti del mondo. Le “comuni” hanno una particolarità in più delle cooperative di lavoro; le seconde hanno solo il lavoro in comune, mentre le prime hanno anche la vita in comune.

La “politica” delle cooperative e soprattutto quella delle “comuni” possono cambiare non solo i rapporti economici tra i produttori, ma influiscono anche sul modo di concepire la vita in generale. Vediamo ad esempio, l’impressione lasciata dalle comunità Huteriane a un gruppo di studiosi in visita ad alcune loro “comuni”: “ L’impressione ricevuta dalla visita a Jamesville fu rafforzata da questo breve soggiorno a Bonhomme. Lasciammo gli Huteriani con il sentimento di aver incontrato della gente che aveva scoperto il segreto della sicurezza materiale e spirituale. Osservandoli, tutto pareva così semplice. Ciascuno lavorava con serietà al compito assegnatogli, e si sforzava di condurlo al termine nel modo migliore; allorché guadagnavano più di quanto era necessario ai loro bisogni, lo mettono da parte e l’utilizzano solamente per migliorare le loro condizioni di lavoro o per dare ai loro discendenti una migliore base di partenza per la vita. Erano lieti e soddisfatti. Con tutta evidenza non erano spaventati della vita, e della morte non avevano quasi timore. Se degli esseri umani possono dirsi felici, essi avevano sicuramente il diritto di essere riconosciuti tali.”

operai_10L’uomo, per essere felice ha bisogno di sentirsi utile, di sentirsi parte di un gruppo che gli possa assicurare sostegno e solidarietà, di avere le giornate occupate in modo da non lasciargli troppi momenti di noia, di non venire troppo oberato di obblighi e costrizioni e di non avere grosse preoccupazioni per il futuro. La società moderna purtroppo gli nega tutte queste necessità, mentre le “comuni”, che ricordano l’organizzazione di vita preistorica, sembrano essere adatte proprio per soddisfare tutte le sue principali esigenze.

Se i risultati ottenuti tra gli Huteriani si potessero ottenere sempre adottando la vita delle “comuni”, sarebbe allora conveniente trasformare tutte le aziende, tutte le organizzazioni, tutta la società insomma in comunità Huteriane. Questo ovviamente non è possibile, però non vedo perché non dovremmo impegnarci a creare qualcosa che si avvicini il più possibile al modello perfetto di società.

operai_20_costruttoriUn’approvazione all’utopia con critica al Marxismo di Martin Buber: ... I mezzi utilizzati dal Marxismo per ottenere l’affrancamento finale dalla necessità, sono la costrizione, la centralizzazione, l’inquadramento; in contrasto a esso il socialismo utopico insiste sulla più ampia libertà individuale, su l’associazione volontaria e su l’autonomia comunale. ... Marx, Lenin e Stalin col socialismo scientifico si basarono su un concetto dell’azione fondamentalmente politico, quello dei loro antagonisti, i socialisti utopisti, Proudhon, Kropotkin e Laudauer, s’accentra su un’azione che è anzitutto sociale. Il Marxismo pone tutte le sue speranze nella rivoluzione, l’Utopismo nella ricostruzione della società. L’uno accetta come indispensabili un’organizzazione e uno stato accentrati, l’altro insiste sul decentramento e la comunità autonoma. ... Poiché il Marxismo ha dimostrato da sé di avere torto, la conclusione ovvia sarebbe che il socialismo utopico deve avere ragione. Conclusione... ritorno all’utopia.

La parola Utopia, inventata da Tommaso Moro, godette di una buona reputazione finché, dopo le analisi di Marx ed Engels, non cominciò a venire riservata a ogni progetto sociale, economico o politico che fosse stimato bizzarro o futile.

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